venerdì 13 giugno 2008

Ricordiamo un Grande Uomo!!!

“Noi siamo convinti che il mondo, anche questo terribile, intricato mondo di oggi può essere conosciuto, interpretato, trasformato, e messo al servizio dell'uomo, del suo benessere, della sua felicità. La lotta per questo obiettivo è una prova che può riempire degnamente una vita”. Così parlò Enrico Berlinguer, uno dei più grandi e al tempo stesso rimpianti uomini politici italiani. Era il 7 giugno di 24 anni fa quando il sessantaduenne segretario del Pci salì sul palco di Piazza dei Frutti di Padova per un comizio in vista delle elezioni europee.

Un discorso duro, in polemica con il governo di allora. Il leader comunista attacca i “meschini calcoli di parte”, la “ragioneria partitica”. Ma lo prende il primo affanno. Si ferma, ricomincia : “La verità è che...”. Non ce la fa più. “I partiti se ne infischiano...”. Berlinguer lotta contro l' ictus. "Enrico, Enrico” gridano dalla piazza. “A questo stato di cose diciamo basta...”. La voce gli esce stonata, fatica a leggere gli appunti. Lo prende un attacco di vomito, chiede un bicchiere d' acqua. Impallidisce, si porta il fazzoletto alla bocca. Adesso tutti capiscono. “Non vedete che sta male” urlano. Ma lui vuole andare avanti. Berlinguer sente che le forze gli mancano, la vista gli si appanna. Salta le ultime otto cartelle del discorso. “Proseguite il vostro lavoro, andate casa per casa, strada per strada...” riesce a mormorare e si accascia. I compagni lo sorreggono, lo fanno scendere dal palco. Berlinguer è uno straccio. Vomita. Lo portano all' albergo, poi di corsa all' ospedale. Sono le undici della sera. Berlinguer è in coma. Nella notte lo operano, ma non c'è niente da fare. La mattina dopo arriva Pertini, che si china sul suo letto di morte e lo bacia sulla fronte fasciata. “E' un uomo giusto” piange il vecchio presidente.




Un amico fraterno, un figlio, un compagno di lotta. Questo, oltre che una guida, era Enrico Berlinguer per milioni di italiani. Un politico sopraffino, un uomo corretto e mai banale, che ha lasciato dietro di sé un eredità politico-culturale che ancora oggi rappresenta una risorsa preziosa per la democrazia italiana nel suo complesso, e non solo per la parte che egli ha così esemplarmente rappresentato. Di lui ci resta un programma sociale, politico, economico, etico e morale, scritto e, in maggior parte non scritto, ancora basilare per il futuro democratico e di progresso per il nostro Paese.




Indro Montanelli ricorda così Berliguer: “Un uomo introverso, malinconico, di immacolata onestà e sempre alle prese con una coscienza esigente, solitario, di abitudini spontanee, più turbato che alettato dalla prospettiva del potere, e in perfetta buona fede”.

mercoledì 11 giugno 2008

Manifesto Generazione Democratica

Manifesto della Generazione Democratica

Per una grande organizzazione dei giovani italiani

Vogliamo costruire un’organizzazione giovanile che non serva solo al Partito. Vogliamo un’organizzazione che sia utile all’Italia.Un’organizzazione in grado di mettere in campo idee e persone per rompere le storture del nostro Paese ed affermare il merito come nuovo diritto.Vogliamo un’organizzazione che rappresenti i giovani italiani, e che da essi, e da nessun altro, tragga la sua legittimazione, coinvolgendoli direttamente fin dalla costituzione.Vogliamo un’organizzazione autonoma, ma allo stesso tempo leale al Partito Democratico. In grado di collaborare con il PD per la crescita di entrambi e di essere, allo stesso, stimolo ed avanguardia nel dibattito del Partito, capace di indicare una prospettiva più ampia.Costruiremo l’organizzazione nella quale far crescere la prima Generazione Democratica, fatta né di ex né di post, ma capace di produrre una nuova cultura politica. Un’organizzazione che non si limiti a parlare di politiche giovanili, ma che in ogni campo delle scelte pubbliche sappia far pesare il punto di vista e i bisogni di chi è più giovane.Costruiremo un’organizzazione giovanile che non interpreti il mondo attraverso i sondaggi, ma che stia nei luoghi nel quale il mondo si legge, in quelli dove le ragazze e i ragazzi vivono. E un’organizzazione in grado di creare essa stessa nuovi luoghi, di fornire ai giovani italiani momenti di confronto e di aggregazione, di costruire valori e visioni del mondo. Ce ne è bisogno. Perché l’Italia non può essere il paese dei vecchi. E perché la politica non diventi solo calcolo e burocrazia
Sesto Fiorentino, 7 giugno 2008

sabato 7 giugno 2008

Yes we Can!!!!

La senatrice Hillary Clinton ha annunciato che sospenderà la propria corsa alla Casa Bianca per appoggiare la candidatura di Barack Obama a presidente degli Stati Uniti. La Clinton ha promesso di fare "ogni sforzo possibile". "Possiamo aver cominciato su percorsi separati ma oggi si riuniscono" ha detto. "Vi chiedo di lavorare per Obama quanto avete lavorato per me", ha aggiunto l'ex first lady. "Yes we can", ha poi urlato Hillary alla folla.
Abbracciando lo slogan della campagna elettorale di quello che fino a ora era il suo rivale, "Yes, we can" (Si può fare), la senatrice ha esortato il proprio popolo a schierarsi dietro Barack Obama, affermando che i democratici "non possono perdere quest'occasione" di riconquistare la Casa Bianca dopo due mandati di George W. Bush.


La senatrice ha pronunciato un discorso di appoggio senza esitazioni a Obama, pur ammettendo che quella di oggi, di fronte ai suoi sostenitori, "non è la festa che pianificavo di avere".La Clinton, nel metter fine al sogno di diventare la prima donna alla Casa Bianca, ha promesso a migliaia di suoi sostenitori che continuerà "a combattere" per loro e ha spiegato di voler restare "sul fronte della democrazia, per combattere per il futuro". Ma il modo per portare avanti questa battaglia adesso, ha detto la Clinton, è far sì che a gennaio prossimo Barack Obama "entri nello Studio Ovale".La sua scelta di "sospendere" la campagna, piuttosto che annunciarne la fine, è un soluzione già adottata più volte in circostanze simili nella corsa alla Casa Bianca. La sospensione permette alla Clinton di continuare, tra l'altro, a raccogliere fondi per poter far fronte ai debiti della sua campagna, quantificati tra i 20 e i 30 milioni di dollari. Inoltre, con la campagna sospesa l'ex First Lady può continuare a vantare il controllo di una larga fetta di delegati, per ottenere in cambio un eventuale ruolo politico futuro.